La vita quotidiana a Firenze ai tempi di Dante by Pierre Antonetti

La vita quotidiana a Firenze ai tempi di Dante by Pierre Antonetti

autore:Pierre Antonetti [Antonetti, Pierre]
La lingua: ita
Format: epub
editore: RIZZOLI LIBRI
pubblicato: 2016-08-14T22:00:00+00:00


Feste religiose. Quella di San Giovanni

A Firenze non mancavano di certo feste religiose. Le più affollate erano quella di Santa Reparata, l’8 ottobre, e quella di San Barnaba, l’11 giugno. A queste si devono aggiungere le numerose feste di quartiere per i santi patroni delle chiese parrocchiali (un buon centinaio) oltre a quelle dei santi protettori degli ordini religiosi.

Nessuna però sovrasta per fasto e durata quella di San Giovanni sebbene, come afferma con acutezza Davidsohn: «Il predicatore del deserto, l’ascetico precursore del Cristo non fosse in realtà molto adatto a servire di pretesto a tanto lusso e a tanta esaltazione d’orgoglio cittadinesco» (Storia di Firenze, VII, p. 562). Ma, come si sa, la festa di San Giovanni, diffusa in tutto l’Occidente medioevale, non era se non la continuazione delle feste pagane del solstizio d’estate. Da qui il suo duplice aspetto: religioso e laico. L’aspetto religioso, che era in fondo quello essenziale, si estrinsecava con diverse cerimonie. La più imponente delle quali era una grande processione (che partendo dal Duomo attraversava tutta la città) che riuniva autorità civili (priori, capitano del popolo, consoli delle Arti: ciascuno dei quali portava un grosso cero di almeno una libbra) e autorità religiose, precedute da trombe e pifferi e accompagnate (sottolineiamo questo particolare per evidenziare la presenza del laico nel sacro) da buffoni vestiti a festa. Tutto ciò sotto lo spiegamento dei gonfaloni delle Arti, delle confraternite, dei sestieri, delle parrocchie e del comune, sotto il suono continuo di tutte le campane della città, accompagnato dallo scalpitio dei cavalli dalle ricche gualdrappe, dagli applausi degli spettatori affacciati alle finestre (da cui pendevano gli arazzi più preziosi, sovente tirati fuori dai bauli soltanto in questa occasione) e dei commercianti e artigiani ritti davanti ai loro negozi e laboratori in cui avevano esposto i loro prodotti e le loro mercanzie. E al di sopra di questo corteo giubilante ghirlande e pavesi: teli dipinti, tesi fra una casa e un’altra. Si giungeva alla fine nella piazza principale, fra Santa Reparata (la cattedrale ai tempi di Dante che non vide quella nuova: Santa Maria del Fiore) e il Battistero, sulla quale era tesa, a una dozzina di metri da terra, una grande tela blu finemente decorata. Si passava davanti ai gonfaloni del comune e delle Arti e si entrava nel Battistero di San Giovanni per celebrare una messa solenne alla quale prendevano parte tutti i cantori della città.

Dopo aver così degnamente festeggiato il loro santo patrono, i fiorentini potevano dar libero sfogo ai festeggiamenti laici. Di questi il più pittoresco era la corsa dei cavalli berberi: il cui premio consisteva in un palio di broccato, rosso scuro, ornato da un giglio di argento dorato e da una croce rossa in campo bianco (così era allora lo stemma) e posto su un carro tirato da due cavalli con gualdrappa sul quale prendevano posto i trombettieri del comune e le belle dame che dovevano porgere il premio al vincitore. Dante accenna a questa corsa (Paradiso, XVI, 42) così colorita e che,



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